La pistola mitragliatrice
LA PISTOLA MITRAGLIATRICE
La pistola mitragliatrice (la Villar Perosa anche detta Fiat mod.15), fu ideata da Abiel Bethel Revelli, pensando un'arma automatica doppia (costituita, cioè da due armi unite dall'impugnatura in bronzo e da un disco metallico) molto leggera e univa la celerità di tiro dei proiettili di una pistola semiautomatica Glisenti. Una commissione del Regio Esercito, nell'agosto del 1915 analizzò l'arma e ne decise l'adozione; essa venne denominata "Pistola mitragliatrice Fiat mod.15". A partire dall'Aprile 1916 vennero distribuite all'esercito. Sin dalle prime fasi, si evidenziò l'estrema utilità che la nuova arma aveva nell'arrestare gli assalti delle fanterie: era in sostanza l'arma ideale per il combattimento ravvicinato e quindi per l'assalto delle trincee.
Gli stabilimenti in cui si avviò la produzione delle armi furono le Officine di Villar Perosa, le quali avevano una potenza produttiva pari 500 pezzi all'anno, gli stessi erano stati progettati per la fabbricazione di cuscinetti per biciclette su brevetto di Roberto Incerti. Le prime 350 armi uscite dagli stabilimenti di Villar Perosa furono dirottate all'aviazione per allestire gli armamenti di bordo. Nell'anno 1916 si contavano 946 pezzi prodotti.
La foto sottostante raffigura le mitragliatrici italiane catturate dagli austriaci nel corso dell'offensiva di Caporetto del novembre 1917. Si nota tra di esse una mitragliatrice Villar Perosa.
I vecchi rifugi
I VECCHI RIFUGI
Va detto che fino a quel momento, dall'inizio della guerra, Villar Perosa non aveva corso grossi pericoli. Tuttavia si pensò a come difendere la popolazione da un evento così devastante! In un primo momento si utilizzarono le trincee esistenti "a valle della cascina Agnelli", così dicono i documenti, e l'azienda ne fece scavare un'altra serie a fianco di quelle.
Erano ad altezza d'uomo e protette da una volta di tavole in legno ricoperte di terra. Una seconda serie identica alla precedente fu costruita fra gli ontani sulla riva destra del Chisone.Inoltre la RIV stessa aveva adibito a rifugio un locale sottostante alla cabina dei sorveglianti e il soffitto era stato puntellato con travi.La gente aveva cominciato a costruirsi ripari privati in cui rifugiarsi in caso di bombardamento.
Un testimone, per esempio, riferisce di un cunicolo sotto la via Nazionale in prossimità del bacino: "era largo 70-80 cm. e attraversava tutta la strada". In borgata si scavavano buchi e tunnel sotto i castagni nei boschi; si utilizzavano le gallerie delle miniere di grafite abbandonate, o semplicemente ci si rifugiava in cantina.
La costruzione di nuovi rifugi
LA COSTRUZIONE DEI NUOVI RIFUGI
Poi successe qualcosa che fece radicalmente cambiare i concetti di sicurezza: i primi grandi bombardamenti di Torino, il 18 e il 20 novembre del 1942, i primi bombardamenti a tappeto, con bombe dirompenti e spezzoni incendiari e centinaia di vittime. Di fronte a questi eventi venne riconosciuta l'inadeguatezza del sotterraneo della fabbrica, quello puntellato con travi; un testimone dice: " Se fossimo stati là sotto il 3 gennaio del '44, saremmo morti tutti..." Anche le trincee all'aperto si rivelarono superate.
Fu così che, alcuni mesi dopo, all'inizio del 1943, partì il progetto rifugi. I lavori di costruzione furono voluti dal senatore Giovanni Agnelli e vennero dati in appalto alla Ditta Damiano di Villar Perosa. Un'opera superba costruita ad una velocità impressionante, il cui costo finale fu di 78.000 £. Vennero trasportate tonnellate di pietre e sabbia.
Un testimone racconta che gli operai andavano in Chisone a caricare pietre con i carri; anche i bambini partecipavano, nel senso che, all'andata, avevano il permesso di salire sopra i carri, mentre al ritorno, quando erano carichi, vi correvano dietro. In pochi mesi i lavori vennero ultimati e, nel giugno del 1943 si potè tirare un gran sospiro di sollievo: i rifugi antiaerei di Villar Perosa, a prova di bomba, erano pronti!
Alcuni dati
ALCUNI DATI
- 730 metri di galleria, 5 ingressi con porte blindate ulteriormente protette da cassoni pieni di sabbia
- posti a sedere per un minimo di 2500 persone ed una capienza totale che pare potesse arrivare a 3500 persone
- 6 blocchi bagno di quattro posti ciascuno con acqua corrente
- 6 posti di pronto soccorso con lettini e lavello
- gruppo elettrogeno autonomo per riportare la luce nel caso in cui fosse mancata
- due prese d'aria collegate con l'esterno, i due carat ?†r?teristici funghi in cemento ancora oggi visibili nel bosco sovrastante
- dispensa con cibi conservati o secchi nel caso in cui si dovesse rimanere nei rifugi più del previsto
- pale, picconi e attrezzi vari per riaprire le uscite nel caso in cui si rimanesse bloccati all''interno
Le prove di evacuazione
LE PROVE DI EVACUAZIONE
La soluzione la trovarono gli anglo-americani: la RIV doveva essere bombardata.
Gli allarmi aerei si intensificarono, subito i villaresi non ne furono troppo sconvolti, in fondo suonava l'allarme, ma poi non succedeva nulla.
Sia la popolazione che i bambini della scuola elementare e della scuola materna fecero innumerevoli prove per l'utilizzo dei rifugi. Si simulava un bombardamento: suonava l'allarme e tutti correvano ai rifugi. I dipendenti RIV abbandonavano i loro posti di lavoro, venivano spenti i macchinari e ci si dirigeva rapidi verso la collina. Ogni reparto, ogni operaio aveva un corridoio e un posto ben preciso dove andarsi a sedere e il tutto doveva avvenire nel massimo dell'ordine e della rapidità.
Alcuni testimoni hanno raccontato la loro esperienza di bambini: il senatore Agnelli aveva dato delle disposizioni precise: quando si usciva dalla scuola, gli alunni dovevano recarsi all'attuale ambulatorio ASL, perché, in caso di bombardamento sarebbero stati molto vicini ai rifugi (li separava solo una scalinata). Inoltre i bambini della 4° e della 5° elementare, dunque quelli più grandi, in caso di bombardamento dovevano prendere ognuno per mano un bimbo o una bimba della scuola materna e tenerseli accanto fino alla fine. Pare si facesse una prova di sfollamento alla settimana e si racconta di una figura di maestro piuttosto bizzarra che, al momento delle prove, accompagnava ai rifugi i suoi bambini indossando il casco, la maschera antigas e in mano teneva un'accetta...
Altri testimoni riferiscono che la popolazione non sembrava molto convinta della necessità di andare nei rifugi: si pensava che, tutto sommato, forse i bombardamenti non sarebbero stati così pericolosi. Questo perché la propaganda faceva vedere filmati che illustravano che cosa non avrebbero fatto i bombardamenti: non avrebbero colpito le opere d'arte e i caseggiati importanti ma non raccontava che cosa sarebbe successo veramente.
Visite ai Rifugi antiaerei con guide
Visite ai Rifugi antiaerei con guide:
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Ogni Domenica visite ai Rifugi antiaerei con guide preparate.